martedì, aprile 06, 2021

Aksum, il massacro continua

 È etiope ed eritrea la responsabilità materiale del massacro di civili perpetrato tra il 19 e il 29 novembre 2020 nella città di Aksum, Regione del Tigrè (Tigray), Etiopia settentrionale. La denuncia è di Amnesty International che in un report pubblicato lo scorso 29 febbraio parla di un’operazione militare su vasta scala eseguita dalle truppe di Asmara e Addis Abeba, un rastrellamento ed una vera e propria strage che raffigurano il reato di crimini contro l'umanità. Nel report si legge che per ristabilire l'ordine e reprimere l'autorità dello Stato del Tigrè, i soldati etiopi ed eritrei hanno sistematicamente ucciso centinaia di civili disarmati, aprendo il fuoco nelle strade e perquisendo le abitazioni una ad una. Grazie alla testimonianza dei sopravvissuti e di chi è riuscito a fuggire, l'Ong per i diritti umani con sede a Londra parla di esecuzioni extragiudiziali, bombardamenti indiscriminati e saccheggi avvenuti dopo l'offensiva. La straordinaria gravità della situazione è confermata dall'analisi delle immagini satellitari svolte dal Crisis Evidence Lab di Amnesty International che, inoltre, identifica i segni di sepolture di massa segnalati nei pressi di due chiese della città. Il Direttore di Amnesty International per l'Africa orientale e meridionale, Deprose Muchena, ritiene che le prove sono più che convincenti e sufficienti ad indicare una conclusione agghiacciante: “nell’offensiva messa in atto per prendere il controllo di Aksum, le truppe etiopi ed eritree hanno commesso molteplici crimini di guerra. Oltre a ciò, le truppe eritree si sono scatenate e hanno sistematicamente ucciso centinaia di civili a sangue freddo, il che sembra costituire un crimine contro l'umanità". 


 La guerra Tigrè ha avuto inizio nella notte tra il 3 e il 4 novembre 2020. A combatterla sono il Tigray People's Liberation Front (TPLF), che esercitava il controllo sul governo regionale del Tigrè, e la Forza di Difesa Nazionale Etiope (ENDF), che gode dell'appoggio delle Forze di Difesa Eritree (EDF), della polizia federale etiope e delle forze di gendarmeria delle vicine regioni di Amhara e Afar. Dopo l’assedio e la conquista della capitale tigrina Mekelle, il primo ministro etiope Abiy Ahmed Alì aveva lasciato intendere che dal punto di vista militare l’operazione era conclusa; le milizie della regione del Tigrè avevano lasciato le posizioni e per evitare ulteriori spargimenti di sangue tra la popolazione civile ed organizzare la resistenza si erano ritirate nelle campagne. La mancata cattura del leader tigrino, Debretsion Gebremichael, aveva però lasciato aperta la partita. 


 I motivi della guerra vanno ricercati nel piano di “nazionalizzazione politica delle masse” messo in atto dal primo ministro etiope Ahmed Alì, tentativo di unificare il paese che va in contrasto con una realtà multietnica estremamente radicata che punta piuttosto ad un modello di Stato basato sul federalismo. Il progetto di Ahmed Ali ha mosso i primi passi nel 2019, con la fusione dei precedenti partiti regionali in un solo nuovo soggetto politico, il Partito della Prosperità che raggruppa oggi i principali movimenti etnici. Mentre gli Oromo, gli Amhara, gli Afar e altri gruppi minori hanno subito accettato di confluire in questa nuova formazione pan-etiopica, il partito tigrino si è invece rifiutato, passando così all’opposizione di un governo di cui era stato fino a quel momento tra i principali sostenitori. Volendo conservare la propria autonomia, politica e regionale, il TPLF, arroccato nel Tigrè, ha immediatamente rotto ogni rapporto con Addis Abeba ed ha indetto le elezioni locali, consultazioni che si sono tenute il 9 settembre 2020 in sostituzione di quelle generali annullate e rimandate dal governo federale al 2021. Il primo intervento militare etiope arriverà il 4 novembre, in risposta, secondo Addis Abeba, ad un attacco sferrato il giorno prima delle milizie armate del TPLF ad alcune caserme del Comando Settentrionale delle Forze Armate Etiopiche a Macallè, Dansha, e in altre località. 


 Dall'inizio del conflitto sono migliaia i civili che hanno perso la vita e, secondo le informazioni disponibili, l'80% della popolazione, circa 5 milioni dei 7 milioni tigrini che abitano la regione, patisce una costante insicurezza alimentare dovuta alla grave povertà e all’isolamento geografico - unico canale verso la salvezza è rappresentato dal confine con il Sudan, paese dove molti profughi hanno già trovato rifugio. A livello internazionale, l’Unione Europea ha subito reagito allo stato di crisi inviando una sorta di richiamo all'ordine alle autorità etiopi ed eritree, come a tutti gli attori di questo conflitto civile. Il commissario europeo Janez Lenarčič (Gestione delle crisi) e l'Alto rappresentante dell'UE Josep Borrell (Politica estera) hanno condannato con la massima fermezza tutti i crimini contro i civili perpetrati in questi mesi e hanno chiesto che i loro autori siano rapidamente tradotti in tribunale. Bruxelles ha esortato al cessate il fuoco ed ricordando che “gli obblighi del diritto internazionale umanitario si applicano a tutte le parti” e “tutti gli attori umanitari e i media devono essere autorizzati ad avere pieno e libero accesso a tutta la Regione del Tigrè”. (IT Log Defence) 


 Foto Amnesty International