Alla luce del fatto che negli ultimi anni le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno effettuato almeno 200 attacchi contro spedizioni di armi provenienti dall’Iran, nello Stato ebraico c’è chi pensa che riportare il dossier all’attenzione delle agenzie competenti sia ormai quantomeno tardivo. I nuovi missili balistici iraniani sono, infatti, dotati di piccole alette direzionali poste nella sezione anteriore del vettore e questo particolare tecnico evidenzia la presenza di un meccanismo di guida che conferisce a questi sistemi d’arma una maggiore precisione. L’attacco sferrato dai ribelli Houthi il 14 settembre scorso contro la raffineria Aramco di al-Bakik, il più grande impianto di lavorazione del greggio al mondo, è la prova evidente di come l’Iran stia mettendo a disposizione dei movimenti armati sciiti che operano in Medio Oriente armi di precisione estremamente sofisticate.
Secondo le ultime stime, l'Iran dispone di circa 3.000 missili balistici di teatro, razzi a corto e medio raggio armati con testate convenzionali ed equipaggiati con sistemi di guida avanzati. Per le basi USA nel Golfo e per i siti militari e le strutture strategiche israeliane questi sistemi d’arma rappresentano certamente una minaccia reale, un problema che lo stesso comandante del Comando Centrale degli Stati Uniti (USCENTCOM), generale Kenneth McKenzie, ritiene “il maggiore pericolo messo in campo dall’Iran”. E che siano un’arma efficace contro infrastrutture di importanza strategica ed obiettivi militari nel raggio di svariate centinaia di chilometri, i missili iraniani lo hanno con i dimostrano i risultati ottenuti dai Pasdaran nell’operazione “Soleimani martire” dell’8 gennaio 2020. Nell’attacco, un’azione coordinata che ha preso di mira le Forze della Coalizione presenti nella base aerea di Ayn al-Asad, Iraq occidentale, e nell’aeroporto internazionale di Erbil, Kurdistan iracheno, sono stati impiegati 17 missili a corto raggio, con una percentuale di successo sull’obiettivo del 66%, 110 militari USA feriti e la base di al-Asad colpita da 11 missili Qiam-1 su 15 lanciata.
Fonti politiche israeliane di alto livello avrebbero recentemente affermato che l’amministrazione Biden non sarebbe favorevole ad un'azione militare volta ad affrontare la questione relativa ai missili balistici iraniani. Il problema non sarebbe per ora in cima alla lista delle priorità, viste anche le dichiarazioni del presidente Hassan Rouhani che considera il programma missilistico della Repubblica Islamica non negoziabile. Una posizione di stallo, quindi, confermata anche dal fallito sforzo americano di porre fine alla guerra civile in Yemen, un conflitto che coinvolge l’alleato Saudita e che i ribelli sciiti Houthi portano avanti grazie al sostegno finanziario e ai sistemi d’arma forniti da Teheran.
Intanto, sul fronte militare gli Stati Uniti e Israele stanno portando avanti un programma di esercitazioni congiunte che simulano un massiccio attacco missilistico iraniano contro lo Stato ebraico. La cooperazione, iniziata nel marzo 2019 con l’integrazione del sistema antimissile Terminal High Altitude Area Defense (THAAD) nella rete di difesa israeliana, non sembra però sufficiente. A Tel Aviv c’è, infatti, chi ritiene che la prima fase di contrasto ad massiccio attacco missilistico sarebbe a carico del sistema di difesa israeliani. Intervistato da Breaking Defense, uno dei massimi esperti militari israeliani ha affermato che uno scenario del genere obbligherebbe Israele risponderebbe con tutto il suo arsenale, una missione resa complicata dall'attuale livello di proliferazione raggiunto dall'Iram nel settore dei missili balistici di precisione. (IT Log Defence)
Foto Breaking Defense