sabato, novembre 18, 2023

Guerra Hamas-Israele: aggiornamento 17 novembre

Giovedì 16 novembre, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno identificato l'ingresso di un tunnel e un deposito di armi all’interno del complesso ospedaliero di Shifa, quartiere Rimal, a nord di Gaza City; individuati anche materiali per le comunicazioni e un mezzo carico di armi simili a quelle usate negli attacchi del 7 ottobre. L'annuncio, diramato dal portavoce militare delle IDF, contrammiraglio Daniel Hagari, è arrivato a 48 ore dal  raid lanciato sul più grande ospedale dirla Striscia di Gaza, covo, secondo l’esercito israeliano, di una vasta rete di uffici ed accessi a centri operativi e centri di comando di Hamas. Le IDF hanno anche diffuso le immagini che mostrano le armi e gli esplosivi scoperti nell'ospedale Al-Quds, struttura sanitaria gestita dalla Palestine Red Crescent Society nel quartiere di Tel al-Hawa, e i risultati delle recenti scansioni grazie ai quali è  possibile provare l’esistenza di significative infrastrutture sotterranee costruite sotto gli ospedali di Gaza. A breve distanza dall’entrata  posteriore dell'ospedale pediatrico Rantisi è stata scoperta l'imboccatura segreta di un tunnel, sito probabilmente usato per nascondere eventuali ostaggi o prigionieri. Scavato alla base dell’edificio, il tunnel era illuminato grazie alla corrente elettrica dell’ospedale ed era utilizzato come armeria, prova ne è il ritrovamento di esplosivi, corpetti, bombe a mano ed RPG. Rinvenuta anche una motocicletta usata da Hamas nel corso dei massacri condotti in Israele il 7 ottobre.

Durante una visita al comando della 36a divisione, il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha affermato che l'esercito è passato oramai alla fase successiva: “l'operazione continua e viene condotta in modo preciso, selettivo, ma molto, molto determinato”. Gallant ha aggiunto che le IDF hanno completato la conquista della parte occidentale di Gaza City e hanno ripulito l'area da qualsiasi agente e risorsa di Hamas. Mercoledì erano state presentate prove rinvenute dall'unità d'élite Shaldag  all’interno dell’ospedale Shifa, comprese armi trovate nel dipartimento di risonanza magnetica, che “provano inequivocabilmente” come la struttura sia stata utilizzata per scopi terroristici, in “completa violazione del diritto internazionale”. A  rafforzare le accuse è anche intervenuto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, che in relazione alle operazioni in atto ha ribadito la posizione statunitense, e cioè  che le prove scoperte dall’intelligence USA confermano come lo Shifa sia stato utilizzato da Hamas e altri gruppi terroristici da nodo di comando e controllo, in linea quindi con quanto affermato da Israele. 

Fermo restando che, citando quanto dichiarato delle IDF, l’azione israeliana all’interno delle strutture sanitarie viene svolta in modo “discreto, scrupoloso e paziente”, il raid militare sull’ospedale Shifa ha, comunque, attirato la condanna delle Nazioni Unite, della Giordania e dell'Autorità Nazionale Palestinese. L’operazione, definita una violazione del diritto internazionale, rientra però in quanto previsto dalle norme stabilite dalle Convenzioni di Ginevra del 1949, che in materia di ospedali civili contengono un’articolata disciplina, così come per i due Protocolli aggiuntivi del 1977 e per la corrispondente norma consuetudinaria, ricostruita dal Comitato internazionale della Crociera Rossa (CICR) nei volumi sul diritto internazionale umanitario pubblicati nel 2005. In breve, in caso di conflitto l’ospedale, sia esso militare o civile, diventa un bene specialmente protetto, un bene che gode di una speciale protezione che il diritto internazionale attribuisce a garanzia rafforzata rispetto ad altri beni civili quali scuole o abitazioni.

Qualora i beni civili soddisfino i requisiti previsti nella norma contenuta nell’art. 52, par. 2, del I Protocollo aggiuntivo del 1977, nonché nella norma consuetudinaria di uguale  contenuto, possono però diventare obiettivi militari. In pratica, “gli attacchi dovranno essere strettamente limitati agli obiettivi militari. Per quanto riguarda i beni, gli obiettivi militari sono limitati ai beni che per loro natura, ubicazione, destinazione o impiego contribuiscono effettivamente all’azione militare, e la cui distruzione totale o parziale, conquista o neutralizzazione offre, nel caso concreto, un vantaggio militare preciso”. I beni civili soggetti a protezione speciale,  quali gli ospedali, perdono, quindi, l’immunità dall’attacco in violazione delle norme più restrittive che li tutela. Perciò, devono essere rispettate e protette  in qualsiasi circostanza le solo unità mediche che operano esclusivamente per scopi e finalità mediche, fermo restando che i ricoverati, la popolazione civile e il persone civili che opera negli ospedali deve godere della protezione generale contro i pericoli derivanti da operazioni militari, come previsto dalle regole del diritto internazionale. 

Le IDF hanno reso noto che  nei giorni scorsi  l'esercito ha effettuato due importanti attacchi aerei sulle infrastrutture sotterranee di Hamas. In una di queste si nascondevano alcuni alti comandanti delle milizie, Ahmed Ghandour,  capo di una brigata nel nord di Gaza, e Ayman Siam,  capo dei reparti responsabili del lancio dei razzi contro Israele. In un altro sito sotterraneo si nascondevano, invece, membri anziani del politburo di Hamas, tra cui Rawhi Mushtaha, Essam al-Dalis e Sameh al-Siraj. Sempre giovedì, le IDF hanno affermato che le unità del commando navale Shayetet 13, sostenute dal fuoco di copertura dei tank e dei reparti del genio da combattimento, hanno preso il controllo della principale area portuale di Gaza: è stato scoperto e distrutto l’accesso a 10 di tunnel, eliminati dieci terroristi e sgomberato e preso il controllo di quattro edifici utilizzati da Hamas. In precedenza, un’unità di ricognizione della Brigata Nahal entrata nel campo al-Shati aveva trovato e distrutto armi ed equipaggiamenti appartenenti alle forze navali di Hamas. Il deposito di armi comprendeva attrezzatura subacquea, armi da fuoco e ordigni esplosivi. Venerdi i soldati della Brigata Bislah hanno localizzato dozzine di bombe da mortaio nascoste da Hamas all'interno di un asilo nel nord della Striscia di Gaza, e una pattuglia Golani ha fatto irruzione nella scuola elementare Al-Karmel, rinvenendo anche qui armi nascoste dai terroristi. Infine, nella notte tra venerdì e sabato i caccia israeliani hanno bombardato un quartiere residenziale di Kan Yunis, la più grande città del sud della Striscia di Gaza. La notizia, diffusa dal canale televisivo Al Jazeera Arabic, è stata confermata dall'agenzia di stampa palestinese Wafa che parla di almeno 26 morti, la maggior parte delle quali sarebbero bambini. L'attacco arriva a due giorni dal lancio di volantini sui alcuni quartieri di Khan Yunis: Khuzaa, Abassan, Bani Suhaila e Al Qarara, nella parte orientale della città. Il messaggio invitava i residenti ad evacuare l'area per la concreta possibilità che le IDF potessero a breve intensificare le operazioni nel quadrante meridionale della Striscia.

Durate la notte di giovedì, dopo uno scontro a fuoco con una cellula di Hamas, i parà delle IDF hanno localizzato un’altro deposito di  armi ed esplosivi nel nord della Striscia di Gaza: all’interno del sito sono stati trovati  trovato giubbotti suicidi, ordigni esplosivi, giochi di ruolo, missili anticarro e documenti di intelligence. A Gaza City, un caccia israeliano ha colpito l’ennesima casa del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh; secondo l'esercito, l’abitazione era stata “utilizzata come infrastruttura militare e, tra le altre cose, come luogo di incontro per alti funzionari dell’organizzazione. Hamas aveva precedentemente affermato che le IDF  avevano già colpito altre due case appartenenti a Haniyeh, ma questo è il primo attacco confermato dagli israeliani. Le IDF non hanno  ancora rilasciato una dichiarazione ufficiale, ma nella Striscia,   sarebbero stati, inoltre, arrestati diversi parenti di Haniyeh, anche  se non ufficialmente associati ad Hamas. Secondo le notizie pubblicate dal canale televisivo israeliano i24NEW, si tratterebbe del nipote, Abed Al Mueti Haniyeh, arrestato all'ospedale di Shifa, e del genero Holud,  preso in custodia dalle forze di polizia mentre cercava di raggiungere il sud della Striscia. Diffisa anche la notizia della morte di Ahmed Bahar, membro anziano dell'ufficio politico che in seno ad Hamas ha ricoperto incarichi di alto rilievo. Ex capo del Consiglio della Shura ed ex vicepresidente del Parlamento palestinese, Bahar è morto a causa delle ferite riportate in un precedente attacco delle IDF.

Gli intensi negoziati in Qatar, coordinati dagli Stati Uniti e a cui prendono parte molti soggetti regionali, compresi i paesi i cui cittadini sono stati rapiti, iniziano a dare i primi frutti. Ci sarebbe, infatti, un accordo imminente sugli ostaggi israeliani di Hamas. Lo riferisce il canale televisivo saudita Al-Arabiya che, citando fonti vicine ai negoziatori, precisa che parte dell’accordo prevede l’ingresso limitato di carburante nel Striscia di Gaza, un’operazione approvata all’unanimità dal Gabinetto di Guerra israeliano che verrebbe svolta per scopi umanitari sotto la supervisione delle Nazioni Unite. La concessione di carburante, caldeggiata dagli Stati Uniti,  è intesa, tra le altre cose, a sostenere in minima parte i sistemi idrici, fognari e igienico-sanitari, un’azione necessaria a prevenire lo scoppio di epidemie che potrebbero diffondersi in tutta la zona.  Secondo quanto pubblicato dall’agenzia di stampa Reuters, un funzionario informato sui negoziati avrebbe riferito che in relazione all’accordo, Hamas sarebbe disposto, in linea generale, a rilasciare 50 ostaggi civili, ma che Israele starebbe ancora negoziando per ottenere condizioni più significative. Il rapporto Reuters ha anche rivelato alcune delle condizioni, come un cessate il fuoco di tre giorni e il rilascio di un numero non specificato di donne e giovani palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, nonché un aumento degli aiuti umanitari a Gaza. Inoltre, Hamas consegnerebbe un elenco completo degli ostaggi civili ancora in vita.

In Cisgiordania cresce il numero di scontri a fuoco che vede coinvolte le cellule palestinesi pro Hamas e le forze di polizia israeliane. Giovedì notte,  durante un’operazione nel campo profughi di Jenin, i militari della brigata Kfir sono stati attaccati da  un gruppo di uomini armati appartenenti a cellule terroristiche locali. L'operazione, volta a scoprire l’esistenza di ordigni  esplosivi, si è conclusa con l’uccisione di cinque palestinesi e l’arresto di altri sette ricercati, fermati dalla polizia di frontiera mentre cercavano di nascondersi Ibn Sina Hospital di Jenin. Sequestrate le armi leggere e i fucili d’assalto utilizzati durante l’attacco. Sempre giovedì, una cellula terroristica legata ad Hamas ha aperto il fuoco contro un posto di blocco sito all’ingresso di un tunnel a sud di Gerusalemme: feriti cinque poliziotti, di cui uno in gravi condizioni, e un soldato israeliano. I militari che presidiavano il checkpoint hanno risposto al fuoco uccidendo  i tre componenti il commando. Fonti della sicurezza hanno riferito che i terroristi erano molto ben equipaggiati e che si sarebbe trattato di un attacco pianificato, probabilmente diretto da agenti di alto livello. Secondo quanto pubblicato dalla stampa israeliana,  la polizia sarebbe convinta che la cellula stava pianificando un attacco su larga scala e che l’obiettivo era quasi certamente all’interno delle mura di Gerusalemme. Nell’auto  utilizzata dai terroristi sono stati rinvenuti due fucili M-16, due pistole, centinaia di munizioni, dieci caricatori, due accette e abiti che ricordavano le uniformi delle IDF. 

Nella notte di venerdì 5 palestinesi sono stati uccisi nel campo profughi di Balata, a pochi chilometri da Nablus, in Cisgiordania. Rapporti palestinesi affermano che si è  trattato di un attacco portato da droni israeliani contro il quartier generale di Fatah a Balata. Secondo quanto pubblicato dal quotidiano Haaretz, quattro delle persone uccise erano affiliate alla Brigata dei Martiri di Al-Aqsa. Ynet riferisce che una delle vittime  sarebbe il responsabile della morte di un israeliano ucciso il 2 novembre scorso mentre transitava in una auto lungo la Route 557, nei pressi di Bayt Lid, a nord-ovest di Nablus, episodio che tra l’altro aveva scatenato la  rabbia dei coloni e aveva dato inizio ad una serie di  aggressioni ed attacchi a scopo di vendetta. Dallo scorso 7 ottobre, le IDF hanno arrestato in Cisgiordania 1.750 palestinesi, 1.050 dei quali risultano affiliati ad Hamas. Il ministero della Sanità dell’Autorità Nazionale Palestinese ha reso noto che nello stesso periodo i militari e i coloni israeliani hanno ucciso circa 200 palestinesi, tutti residenti in Cisgiordania. Secondo l’organizzazione israeliana per i diritti umani, Yesh Din, dall’inizio della guerra Hamas-Israele i coloni della West-Bank hanno aggredito i palestinesi in oltre 84 città e villaggi per un totale di 185 attacchi. 

Mentre in Libano cresce il malumore contro il  movimento Hezbollah per il suo coinvolgimento nella guerra Hamas-Israele, il gruppo sciita sostenuto dall'Iran continua a colpire lo Stato ebraico e rivendica la responsabilità di almeno 10 attacchi missilistici contro l’Alta Galilea. L'organizzazione, guidata da Hassan Nasrallah, ha anche reclamato la paternità del missile anticarro lanciato giovedì verso l’aeroporto pendici del Monte Dov e del missile che ha colpito un'area prospiciente le comunità di Malkia e Menara, attacco che ha causato il ferimento di quattro israeliani. Prese di mira anche le comunità settentrionali di Adamit e Arab al-Aramshe, oggetto frequente del lancio di diversi  colpi di mortaio che fortunatamente sono caduti, fino ad ora, in aree agricole non densamente abitate.  In risposta, i caccia e l’artiglieria continuano a colpire  i siti e gli arsenali militari di Hezbollah in Libano e le postazioni filo-iraniane  in Siria.Durante la settimana le IDF hanno, inoltre, abbattuto un drone carico di esplosivi metre sorvolava la città  israeliana di Metulla e hanno eliminato una cellula terroristica che stava preparando un attacco vicino al villaggio settentrionale di Arab al-Aramshe. Attaccato anche un deposito di armi Hezbollah in Siria, nei pressi di Damasco.

Sabato mattina le IDF hanno confermato il lancio di 25 razzi dal Libano verso le comunità settentrionali di Sassa e Shtula, nell’Alta Galilea. Non ci sarebbero feriti e l'aviazione e l'artiglieria israeliane avrebbero subito risposto con un bambardamento intenso su tutto il sud del Libano, a ridosso della linea di demarcazione tra i due paesi. L'attacco, confermato dall'agenzia governativa libanese Nna, avrebbe preso di mira le località che vanno dalle coste del Mediterraneo alla pianura di Hula, nell'entroterra: Naqura, Ramie, Ayta Shaab, Aytarun, Rmeish, Qawzah, Jabal Blat, Yarin, Debel e Hula. La scorsa notte, Israele aveva condotto una missione in profondità, con due missili lanciati da un drone contro una fabbrica di alluminio nel cuore della regione di Nabatieh, sulla strada tra Toul e Kfour, provocando un incendio. Hezbollah aveva annunciato di aver risposto agli attacchi prendendo di mira le postazioni dell'esercito israeliano nelle località di Shtula, Nahal Betzet, Jordeikh, Wadi Sasa, Khallet Warde e Raheb. Il movimento sciita libanese aveva inoltre annunciato l'abbattimento di un Hermes 450, un UAV multiruolo sviluppato dall'azienda israeliana Elbit Systems per missioni di ricognizione e sorveglianza a media autonomia ed alte altitudini. Con un comunicato diramato da Hezbollah, i resti del drone sarebbero stati visti cadere sulla Galilea, notizia che Israele non comferma.

Le persistenti scaramucce lungo il confine hanno fino ad ora provocato la morte di tre civili e di sei soldati israeliani.  Da parte libanese, sono stati uscissi quasi 100 persone: 74 membri di Hezbollah, otto terroristi palestinesi, diversi civili e un giornalista della Reuters. Secondo quanto pubblicato dal quotidiano sul londinese in lingua araba Asharq Al-Awsat, editoriale del giornalista Hanna Saleh, i continui attacchi contro Israele rischiano di trasformare il confine in una nuova Gaza: “gli obiettivi che [il segretario generale di Hezbollah Hassan] Nasrallah ha fissato per il Libano sono pericolosi”. Parte dell’opinione pubblica è convinta che porre una minaccia nel sud del Libano significa coinvolgere tutto il Paese,  con un notevole aumento del rischio che si trasformi in una guerra su larga scala. Secondo Asharq Al-Awsat “questa nuova situazione viola la risoluzione 1701 dell'ONU, grazie alla quale il Sud è entrato in un periodo di stabilità”. Riad Kahwaji, direttorr dell'Istituto per l'analisi militare del Vicino Oriente e del Golfo (INEGMA) a Dubai, ha dichiarato che negli ultimi mesi Hezbollah ha lanciato contro Israele quattro missili Burkan, ciascuno dei quali con una testata di oltre 100 chilogrammi. (IT Log Defence)